Quello della foto qui sopra è il traguardo di Bardolino: quello che, per la prima volta, non sono riuscito ad attraversare.
Un racconto diverso dal solito
Questa non è la solita cronaca della gara: ma è un racconto personale. Se ti va di leggerlo, voglio raccontarti come mi sono sentito oggi.
Oggi è stata la prima volta che mi sono ritirato in una gara. Ma questa per me non era una gara come tutte le altre: era allo stesso tempo una prova e un ritorno.
Cinque settimane fa ho avuto un incidente stradale in moto: un brutto incidente, in autostrada, con un TIR, la moto è andata distrutta e io sono volato via per molti metri. Con grande fortuna, non ho riportato gravi danni, sono traumi e distorsioni a collo, spalle e schiena.
Colgo l’occasione di raccomandare a tutti gli amici motociclisti di indossare sempre l’abbigliamento protettivo e il casco integrale: sempre, anche d’estate anche se da fastidio. Le protezioni inserite nella mia giacca mi hanno salvato spalle, braccia e schiena!
Ma torniamo alla gara. Non sono riuscito a finirla, perché nelle ultime 5 settimane sono stato fermo per riprendermi dall’incidente, e non mi sono potuto allenare. Anche se nell’incidente non mi sono rotto nulla, ho sofferto molto per i traumi e le distorsioni, i miei muscoli sono stati a lungo contratti e doloranti e, fino a pochi giorni prima della gara, faticavo a muovermi.
Perchè esserci a Bardolino
Essere a Bardolino oggi per me ha significato tornare nella comunità del triathlon e nell’ambiente che amo. Ho incontrato molti amici sia prima sia dopo la gara, che mi hanno consolato e ridato fiducia.
Ero già iscritto a Bardolino, ma pensavo fosse impossibile anche solo partire. Ho cambiato idea dopo un paio di trattamenti dal mio fisioterapista di fiducia: taping e tecar mi hanno fatto migliorare velocemente e ho intravisto la possibilità di esserci.
Ma sinceramente le possibilità di finire la gara erano minime: non sono soltanto fuori allenamento, ma sono ancora molto debole e con i muscoli delicati.
I momenti pre-gara li ho vissuti come sempre, ormai questo clima mi è familiare. E poi a Bardolino ci sono stato già l’anno scorso, è stato il mio primo Olimpico.
L’unica differenza è che questa volta ero molto più rilassato, un po’ perchè ho ormai confidenza con le gare di triathlon, un po’ perchè sapevo di non dovermi aspettare nulla da questa gara.
“Bardolino è una tonnara assurda”
Questo è quello che mi ha detto un amico triatleta esperto quando gli ho raccontato com’è andata la frazione di nuoto: non ho mai preso (e dato) tanti colpi come questa volta! Manate, pedate (e fin qui ci può stare) ma la cosa che non mi è piaciuta sono stati quelli che da dietro mi afferravamo nel caviglie.
Ora, non voglio spaventare gli aspiranti triatleti, ma in certe batterie c’è un clima molto competitivo. Poi ho capito (forse) il motivo: quest’anno non parto più in ultima batteria, insieme agli alteti senza ranking (che cosa vuol dire?), ma parto nella batteria insieme ai triatleti con ranking simile al mio. Questo significa che effettivamente tra atleti di pari livello c’è molta più competizione!
In ogni modo, la frazione di nuoto è andata abbastanza bene, chiusa in 30 minuti esatti. Ma verso la fine di questa prima parte mi sentivo già stanco… Anticipavo mentalmente come avrei potuto affrontare il resto della gara.
È proprio un periodo sfortunato
La transizione vola senza intoppi e mi trovo alla partenza del ciclismo: fin dai primi istanti ho ascoltato le mie sensazioni che, inizialmente, sembravano positive. Ma purtroppo questo dev’essere proprio un periodo sfortunato, perché dopo solo 2 km, alla prima rotonda… la ruota anteriore perde aderenza e in una frazione di secondo mi trovo a terra, e scivolo sul’asfalto per pochi ma interminabili secondi.
Mi fermo all’esterno della rotonda, mi metto seduto sul marciapiede mentre lo staff della gara raccoglie la mia bici e me la passa. Guardo la spalla e il gomito sanguinanti, tocco la coscia dolorante sotto il body… controllo la bici in ogni punto: a parte i graffi su pedale e nastro del manubrio, sembra tutto a posto. Indugio qualche secondo, mi chiedo cosa posso fare. Alla fine decido di ripartire.
I primi chilometri del percorso di ciclismo di Bardolino sono in salita. Io non riesco a prendere il ritmo, mi superano in tanti, mi sento debole e le ferite iniziano a far male. Il pensiero di fermarmi inizia a farsi spazio nella mia mente. Mi chiedo se posso finire questi 40 km, in che condizioni e soprattutto mi chiedo perchè.
Alla fine mi rassegno: dopo circa 8 km, quando vedo un bivio che indica il rientro per Bardolino, mi fermo, parlo con gli addetti dello staff che mi confortano e mi prestano dell’acqua da versare sulla spalla e poi, lentamente e con prudenza, inverto la rotta e scendo verso il Lago.
Mentre rientro a Bardolino, incrocio gli sguardi degli altri atleti in gara: tutti si voltano e mi guardano stupiti. Saluto un compagno di squadra e mi accorgo che è molto sorpreso di vedermi così.
Per un momento mi sento molto triste e deluso, perché vivo questo ritiro come una sconfitta. Ma presto mi rassereno: capisco che non c’è niente di male, ho voluto provare, semplicemente, per sapere qual era la mia reale condizione. Non molto buona, purtroppo.
Ritorna il sorriso
Un episodio curioso mi fa sorridere anche in un momento così: quando rientro a Bardolino, gli addetti al controllo della strada si agitano, sventolano le bandierine e iniziano ad urlare nelle radio: “Arrivano! Arrivano!“.
Dopo pochi istanti capisco: sono capitato nel gruppo di testa della gara! Mi sposto il più possibile per non intralciarli, e rientro in zona cambio insieme ai primi. Per evitare equivoci, mi fermo prima del tappetino magnetico che registra i passaggi e spiego ai giudici che mi sto ritirando.
Deposito la bici sulla rastrelliera, raccolgo le mie cose e mi incammino alla postazione della Croce Rossa per farmi medicare le ferite. Erano molto sporche e piene di ghiaia dell’asfalto.
Quando esco dalla postazione di pronto soccorso, sento in lontananza lo speaker che commenta concitato le fasi finali della corsa, l’arrivo delle prime donne e poi degli uomini. Faccio un pensierino ad andare a vedere, ma preferisco prendermela con calma e farmi una doccia, cambiarmi e poi andare a vedere l’arrivo degli amici.
Si ricomincia da qui
Non mi resta che riavvolgere il nastro della mia preparazione, accettare di dover ricominciare molto progressivamente e riabituarmi a tutti i movimenti… La lezione che ho imparato da questa esperienza: la pazienza.