#elbaman2018revenge è stato l’hashtag scelto dagli organizzatori di Elbaman per questa edizione 2018:revenge” come rivincita dopo la cancellazione dell’edizione 2017 per il nubifragio che si è abbattuto su Marina di Campo proprio la mattina della gara.

Una rivincita che era una speranza e una promessa per le centinaia di triatleti che hanno confermato il proprio amore per Elbaman, rinnovando l’iscrizione per questa edizione.

E il meteo quest’anno non avrebbe potuto farci un regalo migliore: un cielo perfetto senza l’ombra di una nuvola per tutto il weekend, con una temperatura da primavera inoltrata: dai 20 gradi della partenza all’alba, fino ai 30 gradi dell’arrivo nel pomeriggio.

Anch’io sono stato tra coloro che hanno vissuto la grande delusione nel 2017 e hanno rinnovato la propria promessa a Elbaman per il 2018, vivendo un altro anno di duri allenamenti in preparazioni di una gara tutt’altro che facile.

Se stai pensando di iscriverti alla prossima edizione, in questo post voglio raccontarti com’è il percorso di Elbaman, quali sono le difficoltà e ancora quali sono le meraviglie che rendo questa gara così speciale e amata.

Infine, se lo vorrai, troverai anche il racconto della mia esperienza personale, e le mie emozioni (indimenticabili!).

 

Com’è Elbaman

Elbaman, anche nell’edizione media distanza – quella che ho scelto insieme ad altri 530 triatleti – è una gara difficile: secondo alcuni – tra cui il mio coach Gabriele Torcianti – l’impegno è compreso tra quello tipico di un medio ed quello di una gara full-distance.

Difficile soprattutto per l’altimetria del percorso della frazione di ciclismo: più di 1.400 m di dislivello (per il medio), caratterizzati da continui sali-scendi che non lasciano mai spazio per riposare.

Tutte le tre frazioni di Elbaman sono comunque particolari, affascinanti e sfidanti.

 

Il nuoto

La frazione di nuoto ha il fascino dell’inizio delle grandi imprese: si parte all’alba, puntando proprio nella direzione da cui vedi spuntare il sole, verso il promontorio che chiude la baia di Marina di Campo.

Elbaman – la partenza

La spiaggia, fin dalle sei di mattina, quando è ancora buio e fa fresco, si anima di tutti gli sfidanti di Elbaman che partiranno nelle batterie: prima gli atleti della full distance, poi a distanza di mezz’ora le staffette, quindi le donne della media distanza, infine gli uomini – quest’anno per la prima volta divisi in due batterie.

L’acqua del mare dell’Elba è incredibilmente trasparente, e quest’anno era completamente calma e ancora abbastanza calda (23°C) da poter nuotare, nell’attivazione fatta al sabato, anche senza muta.

Il percorso tracciato dalle boe disegna un quadrilatero che sfiora i bordi della baia, e riporta all’arco colorato della partenza, ben visibile sulla spiaggia: giro unico di 1900 m per la distanza media, due giri con uscita all’australiana per la full distance.

Nonostante le due batterie (per la distanza media) siano di oltre 250 atleti, non ci sono stati problemi di contatti in acqua: il percorso prevede un primo tratto abbastanza lungo (750 m) che permette al gruppo di aprirsi a ventaglio e mantenere così una distanza sufficiente tra i nuotatori, per poter procedere ognuno col proprio passo, senza intralciarsi.

La trasparenza dell’acqua è tale che è affascinante seguire lo scorrere del fondale, sempre sabbioso e mai molto profondo, con occasionali incontri di pesci di tutte le dimensioni.

La frazione di nuoto di Elbaman

A proposito di profondità dell’acqua, devi tenere conto che, sia all’entrata che all’uscita, c’è un tratto abbastanza lungo di acqua poco profonda (nell’ordine di un metro): alcuni nuotatori preferiscono camminare, sia alla partenza, sia al rientro (personalmente trovo meno faticoso nuotare piuttosto che camminare nell’acqua alta fino alla vita, e la velocità è praticamente la stessa).

 

La transizione

Una volta uscito dall’acqua, devi raggiungere la zona cambio che dista circa 400 m; anche se il percorso in spiaggia è coperto da un tappeto, considera che all’arrivo alla bici avrai comunque i piedi sporchi di sabbia: ti consiglio di lasciare una piccola asciugamano in zona cambio per pulire i piedi.

 

Il ciclismo

La frazione di ciclismo di Elbaman è sicuramente una grande sfida da affrontare. Data la lunghezza e l’altimetria, ognuno deve riflettere con attenzione su quale debba essere l’approccio corretto per sè, tra aggressivo e prudente.

Il percorso disegna un anello intorno alla parte occidentale dell’isola, da percorrere in senso orario: una prima parte più aperta costeggia le scogliere e le spiagge, passando dalle località di Cavoli, dalla splendida spiaggia di Fetovaia, per Pomonte e Chiessi.

La frazione di ciclismo di Elbaman

In questo primo tratto c’è la variante per chi gareggia sulla full distance, che deve aggiungere chilometri (e dislivello) salendo e scendendo da San Piero.

Dopo aver ammirato il mare dall’alto della costa, il percorso si infila nel bosco, e si incontra la prima salita, seguita da una seconda, più impegnativa, quella che porta a Marciana, che è il punto più alto del percorso a 340 m sul livello del mare.

La pendenza è variabile ma non è mai eccessiva; comunque l’arrivo a Marciana, ben visibile nell’ultimo chilometro, è confortante anche perché preannuncia una discesa, che potrebbe essere anche riposante, ma a cui occorre prestare attenzione dal punto di vista tecnico.

Il primo tratto, veloce e guidabile, con asfalto in buone condizioni, è seguito da una seconda parte più critica: l’asfalto decisamente sconnesso e le curve più strette richiedono molta attenzione, anche per la visibilità, che è ridotta perché il bosco si fa più fitto e buio.

L’arrivo a Marina di Marciana è caratterizzato da un tratto urbano un po’ contorto ma, una volta usciti dal paese, si rientra velocemente alla zona cambio, passando accanto all’aeroporto, tagliando l’isola dalla costa nord a quella sud. Questo è l’unico tratto relativamente pianeggiante e veloce che va a completare l’anello del percorso.

Una volta ritornati alla zona cambio a Marina di Campo, i concorrenti della distanza media devono fare un secondo giro di altri 46 km, mentre la full distance prevede tre giri da 60 km l’uno.

 

La corsa

Se la frazione di ciclismo è considerata la sfida principale di Elbaman, anche la frazione di corsa non deve essere sottovalutata.

È costituita da un percorso multi-lap (3 giri per la distanza media, 6 giri per il full), che percorre tutta la baia di Marina di Campo, con tre bracci a bastone (ovvero con andata e ritorno): due rami verso sud, un ramo verso nord.

Le difficoltà del percorso sono principalmente due:

  • al termine dei bastoni, ci sono dei giri di boa: tre per ciascun giro; questi sono punti in cui devi interrompere il movimento della corsa, svoltare di 180 gradi e ripartire quasi da fermo; un pesante impegno muscolare, che rischia di rompere il passo e provocare crampi;
  • i due bastoni del lato sud sono caratterizzati da un certo dislivello (per ogni giro, 18 metri di dislivello complessivo: l’equivalente di sei piani di scale); anche questo sicuramente incide a livello muscolare.

La parte centrale del percorso si svolge nel centro storico pedonale, dove bisogna prestare attenzione alla pavimentazione in pietra, e sul lungomare, dove i turisti ancora in spiaggia danno la carica agli atleti con il loro incessante tifo.

Il tifo sul lungomare

Proprio all’inizio del centro storico, si passa più volte davanti al traguardo, guardando con invidia chi è all’ultimo giro e prende il bivio per la finish line… finchè finalmente toccherà anche a te!

L’arrivo di Elbaman

Il mio Elbaman

Il pensiero dell’appuntamento con Elbaman mi ha accompagnato per un anno intero nei miei allenamenti, da quando a Settembre del 2017 la gara è stata annullata per maltempo.

I miei sentimenti sono sempre stati una strana miscela di aspettativa (per la bellezza della gara e del posto) e di timore, per la difficoltà della sfida che si prospettava.

Timore che è aumentato dopo la difficoltà che ho vissuto a maggio a Rapperswil dove, a causa soprattutto del gran caldo (32 gradi) ho concluso il mio Ironman 70.3 con un tempo di venti minuti superiore alle mie possibilità, soffrendo soprattutto nella frazione podistica.

Dopo questa esperienza (abbastanza negativa), la mia preoccupazione per Elbaman era aumentata, ed il mio obiettivo è diventato chiaro nella mia mente:

All’Elba dovevo riuscire a correre bene, senza fermarmi

Che cosa potevo fare per centrare questo obiettivo?

Diciamo spesso che una gara di triathlon va pensata come unica, e non divisa in frazioni: e all’Elbaman, forse per la prima volta, ho affrontato la gara davvero come un’entità unica, dosando lo sforzo in modo da avere la giusta riserva nel momento decisivo: la frazione di corsa.

 

La preparazione

Ad ogni allenamento in bici: almeno 4 ore, almeno 1500 m di dislivello

Con queste parole (che mi hanno spaventato) il mio coach Gabriele Torcianti ha inaugurato la stagione la preparazione per Elbaman.

Questo è stato il mantra con cui ho convissuto da maggio a settembre per abituarmi all’impegno della frazione di ciclismo, con un unico chiaro obiettivo: scendere dalla bici “fresco”, abbastanza riposato per poter correre (davvero).

Non è stato facile progettare percorsi in bici che soddisfacessero le indicazioni del coach (fare dislivello) e allo stesso tempo la mia regola di non sottrarre alla famiglia mai più di mezza giornata nel weekend. Inevitabile quindi partire sempre prima dell’alba.

Partendo da casa mia (a nord di Milano) prima di trovare vere salite bisogna pedalare verso nord per almeno 30 km, fino a Lecco ed Erba; così le classiche salite brianzole di Colle Brianza, Sirtori, Monticello e Montevecchia, della Valsassina, del Ghisallino e Onno… sono state il mio appuntamento settimanale.

Con le belle occasioni delle vacanze in Valle d’Intelvi (Sighignola e Argegno, e le divagazioni svizzere in Valmara e Val Cavargna) e in Umbria, ad aggiungere interessanti varianti.

E combinati. Tanti, per abituare le gambe a correre dopo il ciclismo. Mai fatti tanti combinati come quest’anno: gli immancabili 60 km di bici con 1000 m di dislivello, seguiti da 12-16 km di corsa. Il posto ideale? Il lago del Segrino, alla base del Ghisallo, e con la bella ciclabile che gira intorno al lago: 5 km da ripetere due o tre volte.

 

La mia gara (finalmente)

Nei giorni che hanno preceduto la gara sono rimasto molto concentrato, per cercare dentro di me la capacità di dosare le forze quando sarebbe stato il momento di risparmiarle (in bici), e spremere tutte le energie quando la fatica mi avrebbe detto di mollare (come mi aspettavo nella corsa).

Ho condiviso il viaggio e il soggiorno a Marina di Campo con Rachel, mia compagna di squadra in Pro Patria Milano e carissima amica, molto diversa da me nell’approccio alle gare: meno “scientifica”, ma per contro, molto più forte di me (è arrivata prima di categoria!).

Inoltre, la presenza del mio coach Gabriele all’Elba è stata fondamentale per me: averlo lì con me, nei giorni prima per gli ultimi consigli sulla strategia, e – ancora più importante – ritrovarlo sul percorso, mi ha dato coraggio e sicurezza.

La mattina della partenza, finalmente, mi sono trovato sulla spiaggia, ho cercato di isolarmi in me stesso nonostante la folla di atleti e tifosi intorno: ho respirato a fondo e lentamente (come ho imparato dallo yoga), e al suono della sirena del via ho chiuso gli occhi e mi sono detto:

Ora vai, sai quello che devi fare…

La frazione di nuoto è stata così bella che avrei voluto che non finisse mai: sia per la meraviglia di nuotare in un’acqua così splendida, sia per la consapevolezza che ad ogni bracciata si avvicinava la parte più dura della sfida.

All’uscita dall’acqua, ho percorso il tratto che porta alla zona cambio camminando, come concordato con il coach dopo l’analisi dei dati delle precedenti gare, per evitare che la corsa affannata con la muta e la frenesia della transizione mi facesse salire la frequenza cardiaca troppo in alto, da dove poi non sarebbe più riscesa durante il ciclismo; anche perché dopo 1 km c’è già la prima salita.

Ho iniziato a pedalare agile, con rapporti leggeri ed alta cadenza, tenendo sempre sotto controllo che la frequenza cardiaca non salisse sopra la zona aerobica: non dovevo assolutamente forzare per non accumulare lattato, che avrei pagato caro nella corsa.

Il mio sguardo si alternava tra la strada, i magnifici panorami dalla costa dell’Elba, e il mio computer Edge montato sul manubrio, dove gli unici dati che avevo lasciato visibili erano la cadenza e la frequenza cardiaca.

Concentrato, silenzioso, ho pedalato regolare in salita e fatto scivolare agile la bici in discesa, alternando salite e discese, salite e discese… pensando che sarebbe stata lunga, molto lunga, ma che dovevo essere constante.

Non ci sono stati momenti difficili lungo il percorso: i tanti ciclisti più veloci di me che mi superavano non mi hanno fatto deconcentrare e ho lasciato che la mia posizione in classifica si assestasse dove meritavo di stare (in fondo al gruppo, nel ciclismo, lo so).

Al termine dell’ultima discesa, nel tratto di rientro da Marina di Marciana e Marina di Campo, ho avuto la consapevolezza di aver superato l’ostacolo più grande: ormai sono in piano, mancano 5 km al termine del ciclismo, e sto incredibilmente bene, sono rilassato e pieno di energia; l’emozione di coglie di sorpresa, inizio a ridere e piangere insieme…

Al rientro in zona cambio per la transizione verso la corsa, trovo il mio coach Gabriele appostato sul percorso: ho giusto il tempo per un secondo di urlargli che va tutto bene, con un grande sorriso.

La corsa. La prova finale. Non voglio assolutamente che la corsa vada male come a Rapperswil. Non voglio camminare, non devo. Devo dimostrare a me stesso che sono capace di sostenere questa fatica.

E la corsa va, le gambe girano bene, mi sembrano fin troppo leggere all’inizio, corro i primi chilometri al passo di 5’00”/km, incontro e affronto le prime salite dei tratti a sud della baia, e al passaggio in spiaggia incontro per la prima volta il coach che era li ad aspettarmi:

Gabri va tutto bene!

riesco a urlargli, con un sorriso incontenibile! Un momento che non dimenticherò.

Il percorso è lungo, vario (tra campagna e spiaggia, tra salite e ponti pedonali), faticoso, ma io resto concentrato sul mio passo, mi guardo intorno e sorrido, ma tengo d’occhio ancora la frequenza cardiaca.

So qual è il mio limite, non devo superarlo, con l’aumentrare la fatica adeguo il passo e rallento un po’, ma corro sempre al limite, dall’inizio alla fine.

Supero tanti concorrenti, recupero più di 50 posizioni. La corsa è sempre stata la mia frazione migliore, ed è una fortuna, perché superare concorrenti è molto più di aiuto per il morale piuttosto che essere superati!

La fine del secondo giro è il momento più duro, ma so che dovrò affrontare le terribili salite per l’ultima volta: quando le avrò superate, sarà tutto “in discesa” anche se ancora 7 km dopo 6 ore di gara sembrano infiniti.

Inizia a fare caldo, soprattutto nei tratti non ombreggiati, ma i ristori sono tanti e ricchi: da ognuno prendo un bicchiere e bevo un sorso, all’inizio acqua, negli ultimi ristori coca (forse più come conforto, più che necessità di zuccheri).

Quando ormai sono nel tratti di ritorno dal giro di boa più lontano verso il centro storico e il traguardo, sorrido: è fatta, ce l’ho fatta, sto andando a prendere la medaglia che ora so per certo di meritare!

Quando, a 200 m dal traguardo, il percorso lascia la spiaggia e si infila in centro, alzo le braccia, inizio a salutare tutti, sorrido e gli occhi si appannano… il traguardo non lo vedo, lo attraverso con gli occhi chiusi e le braccia alzate.

Il mio arrivo all’Elbaman

Un passo dopo la linea del traguardo mi appoggio alle transenne e abbasso il capo.

Sento qualcuno che mi abbraccia alle spalle, penso sia un volontario che vuole sincerarsi che io stia bene.

Mi rialzo, apro gli occhi ed è Rachel, che mi aspettava al traguardo. La abbraccio con emozione e le dico che ce l’ho fatta, ho superato la paura di non farcela…

Resto a lungo come intontito e sorridente: durante il massaggio non penso a niente, non sento neanche il dolore o la fatica. Ma quando mi rialzo per andare a mangiare, la fatica si abbatte su di me e quasi mi stende: ho la nausea e fatico a stare in piedi. Devo riposare e respirare.

Tutto quello che verrà dopo (l’incontro con Gabri e gli altri amici, i festeggiamenti, la cena, il viaggio di ritorno) li vivo con leggerezza e con la consapevolezza che la mia avventura nel triathlon non è finita con la crisi di Rapperswil, ma riparte dal successo di Elba – e la nuova piena fiducia in me stesso.

Con Rachel e Gabri