Ognuno di noi vive la prima gara nel triathlon, da un proprio personale punto di vista. Quello che è certo e che l’attesa per l’esordio e le emozioni che si provano, comprese le difficoltà, non le scorderemo mai.

È per me sempre un grande piacere condividere il racconto di un esordio. La storia di Marco Diotallevi e del suo Triathlon Olimpico di Ostia è poi particolarmente coinvolgente e ricca di insegnamenti.


 

La paura fa 90 – primo tiro

Resilienza. Questo credo che sia quello che in quest’ultimo mese ho imparato di me stesso, soprattutto dallo sport.

Resilienza: la capacità di fare fronte in modo positivo ad uno o più eventi traumatici. Riuscire nonostante tutto a fronteggiare il momento contrario, uscirne, e arrivare alla fine. Si, questa è una storia di resilienza. Ora ve la racconto.

Cronologicamente, tutto si incentra sul mio esordio nel triathlon.

Quattro settimane prima chiedo alla mia compagna: “Laura, c’è il triathlon ad Ostia. Si, è un olimpico e non sono molto preparato, ma è vicino casa. Molto vicino a casa…” E lei risponde: “Si, perché no?” (La amo anche per questo). Ok, mi iscrivo, tutto a posto.

Comincio ad allenarmi forte…. Non che prima fossi un pigrone. Nella corsa sono sempre andato abbastanza bene, l’idea dell’esordio mi mette le ali. Aumento i chilometri in bici, sia indoor che outdoor.

A due settimane, di sabato, fa caldo, andiamo al mare. Entro in acqua con mio figlio col mio fido orologio, penso: tanto dopo mi faccio una bella nuotata e me lo porto sotto la cuffia così misuro un po’. Cinque minuti, imbarca acqua, si spegne. Ed io resto senza orologio GPS.

La mattina dopo vorrei fare un combinato, mentre porto la bici fuori casa mi si incastrano gli occhiali da sole nel mozzo che entrano dentro al cellulare. Insomma, cellulare distrutto.

Non posso misurare più niente. Niente. Questo ha su di me un impatto psicologico pazzesco. Alle 5 del mattino rientro a casa e mi metto a letto, totalmente disperato, passo un paio di ore di totale disorientamento. Non avrei mai immaginato che un oggetto elettronico potesse influenzare la mia vita più di tanto.

Passo tutta la domenica intristito, parecchio intristito. E ora come faccio ? Alla sera comincio a pensare. Beh, a questo punto inverto la logica. Correrò distanze standard, misuro alcuni percorsi vicino casa, comincio a farli nei giorni. Nel frattempo trovo un altro orologio usato, che però comincio a vedere che serve a poco.

Il giorno della gara si avvicina. Purtroppo posso nuotare molto poco, e questo so che lo pagherò (non avrei mai immaginato così tanto).

Il giorno prima della gara, vado in piscina, faccio 6-700 metri in scioltezza, non sono veloce ma insomma, sto sotto 2’30” ai 100 metri…..

 

Il giorno della gara

Il giorno della gara sono estatico, arrivo lì tipo tre ore prima. C’è addirittura il servizio bicicletta, ed un ragazzo molto gentile mi mette tutto a posto e mi gonfia le gomme….la bicicletta sembra veramente a posto.

Appoggio tutto e sistemo tutto, ho studiato rapidamente ma avidamente il libro di Massimo. Mi sono fatto diecimila film in testa su come fare i cambi, farò tutto in modo semplice, non ho neppure i lacci da triathlon per le scarpe da corsa. Ma non importa, l’obiettivo è arrivare. Possibilmente non ultimo.

Porto la muta, ma in realtà non l’ho neppure mai provata, fa molto caldo, mi aspetto che sia vietata. E invece no, diventa facoltativa, annuncia la speaker. Oddio, certo, io ce l’ho, tutti dicono “ah io la metto, io la metto”, insomma la mettono tutti. E la metto anche io.

Un atto di pecoronismo che avrà su di me un costo pazzesco. Entro in acqua, mi sento bene, mi scaldo un po’, la muta ha un effetto strano ma non male. Boh. Facciamo il briefing…..spunta…..tutti lì.

La partenza della frazione di nuoto

La partenza della frazione di nuoto

 

Arriva Laura con i bambini, una grande gioia, mi fa una foto, le do un bacio, è un momento bellissimo. Io sono emozionatissimo, danno la partenza.

Mi metto tra gli ultimi, con calma, aspetto che le persone davanti a me comincino a nuotare. Ed è qui che comincia l’incubo. Gli occhialini imbarcano acqua, non so perché non lo facevano prima… non riesco a respirare, non riesco a nuotare, non riesco a fare nulla.

 

Non riesco a respirare!

Continuo a bere, a non respirare, non riesco a fare stile libero. Dopo poco comincio a nuotare a rana, tutti mi passano. Non riesco a respirare, a metà del primo giro, alla decima bevuta, penso di smettere. Mi brucia la gola per il sale che ho ingerito.

Poi entra in gioco la resilienza. Mi impongo di calmarmi, di continuare con calma a rana, arriverò prima o poi… calma… giro la seconda boa, mi sorpassano le donne. Mi avvicino alla spiaggia, ho ancora un giro intero da fare. Passo davanti a Laura e i bambini piangendo per la figuraccia, grido “Non riesco a respirare!!!”.

Però una forza che non so quale mi fa stringere gli occhialini rientrando, e tirare un po’ su la muta. Comincia ad andare meglio, alterno rana e stile, qualche bracciata riesco a darla, ma devo fare una strana respirazione 2-2-3-2-2-3 perché non riesco a nuotare solo a 2 perché vado storto, e non a tre perché non mi basta l’aria. Poi di nuovo rana.

Una boa. Stile, rana, stile, rana. Due boe. Qui lo stile si fa più lungo, la corrente mi aiuta verso la riva. L’arco si fa più grande. Più grande. Più grande…..devo ancora nuotare, maledizione ancora non tocco. Nuoto ancora, nuoto ancora. Tocco finalmente ! Esco, sarò di certo ultimo (in realtà non era così), tolgo le maniche della muta e sorpresa, torno a respirare, corro verso la zona cambio urlando “Maledetta muta!!!”.

 

La mia gara comincia qua

Ora sono uscito, la mia gara comincia qui, mi dico. In effetti è vero. Arrivo in zona cambio, casco occhiali calzini scarpe, prendo la bici, la giudice grida “La cintura!!!” cavoli è ancora sul manubrio, la metto subito, e la ringrazio.

Comincio a pedalare disperato, sempre sopra i 32 km/h. Si, ma sono solo. Comincio a sorpassare qualcuno e sono a mia volta sorpassato dai gruppi più veloci, non ho il coraggio di mettermi in scia.

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Un giro, ancora ne ho. Due giri, ancora ne ho. Mi attacco ad un gruppone grosso attorno ai 37 km/h, poi li lascio andare, ogni tanto recupero qualcuno ma non importa, magari hanno un intero giro meno di me…. all’ultimo giro sono con altri tre ragazzi, facciamo un gruppo, ad un certo punto mi fanno tirare, gli dico “Oh, è il primo che faccio eh? Abbiate pietà!”. Ridono. Mi fanno tirare lo stesso, ruotiamo, è molto divertente, siamo sui 35-36 km/h.

L’ultimo giro è un volo, devo dire, smonto e corro a mollare la bici. Incredibile, ancora ne ho. Laura e i bimbi sono andati al cinema, forse è meglio così, ci sono stati nel momento più difficile, ora posso anche proseguire da solo.

Posa la bici, leva le scarpette, leva il casco, metti le scarpe, corsa, riparti…..esco letteralmente ruggendo, sono incavolato a bestia. Maledetta muta!!! Parto senza ammazzarmi, tengo più o meno i 5 al km, continuo, riprendo qualcuno ma non so se ha un giro meno di me, quindi proseguo, tiro, un giro, due, tre….sono stanco maledizione, ma continuo ad andare, all’ultimo giro lo sai che hai quasi finito.

L’arrivo al traguardo

Ultima salita, ultima discesetta, in effetti è l’ultimo giro ma c’è ancora gente nell’altro verso….e dietro di me. Arrivo. Mi appoggio alla balaustra, mi ci vuole un buon minuto prima di potermi muovere.

 

Ti sollecita, ti muove e non ti tiene mai fermo

Ce l’ho fatta. Il triathlon è proprio uno sport strano. Ti riproponi di stare sotto le 3h, è il primo, io ho fatto 2h43’ eppure ancora quel nuoto mi brucia. Domani mattina andrò in acqua in piscina con muta e Gatorade, mi hanno detto che la muta al caldo disidrata molto. Cara muta, per citare il buon Marsellus, “I ain’t through with you by a damn sight”.

Ho coronato un sogno, il mio primo triathlon e per di più olimpico, ma mi brucia da morire avere quasi buttato tutto….. Ho finito un triathlon olimpico 191esimo su 250, ma non mi sento un triatleta. Non ancora, almeno.

Strano, ma terribilmente fascinoso. Ti sollecita, ti muove e non ti tiene mai fermo: c’è sempre una nuova cosa da fare, da vedere, da migliorare. Come Laura. Forse è anche per questo che mi piace. Forse è anche per questo che mi ci manda…..

….ci vediamo l’11 ottobre a Santa Marinella, cara muta.

 

 

 
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